Cosa stiamo facendo qui?

In effetti me lo sto chiedendo anch’io. La cosa sta diventando talmente lunga che non riesco più neanche a vedere l’orizzonte. Da quanto tempo ci sto provando? Quasi 2 anni? Più o meno.

Volevano vedermi arrendere? Non credo ci riusciranno. Ho deciso di andare a fondo con la mia idea. Ho imparato molte cose nella vita, ne ho iniziate e concluse molte, essendo piuttosto eclettica. Il cambiamento è stato una costante nella mia vita, spesso una via obbligata.

E così vi ricordate quando al 19/02/2014 scrivevo:

Siamo per gli esperimenti impossibili? Vogliamo dimostrare che si può costruire una vera azienda pur non possedendo nulla e partendo da 0 soldi (anzi con già debiti alle spalle)? Può darsi. Infatti per la costruzione del nostro sito e della nostra attività stiamo facendo affidamento sulle risorse gratuite che provengono  dal web (e siamo intorno al 98%). Questo vi farà giustamente pensare che siamo dei grandi estimatori dell’open source e di internet libero. E difatti  è vero. Non so se è per colpa del mio carattere, ma solo una volta nella vita (da quando mi sono svegliata…) e pur essendo una donna (quindi è logico che non le ho) mi hanno accusato di non avere abbastanza palle. E quella cosa, devo dire, mi è rimasta un po’ lì, sul gozzo. Ecco perchè voglio cogliere una sfida così grande. Non voglio dimostrare niente a nessuno, ma mi è venuta la testardaggine di portare a termine almeno una cosa nella vita, che finalmente piaccia anche a me.  A me pare che fino ad oggi non mi è riuscito ancora niente di concreto (contrariamente a quanti dicono che di cose ne ho fatte già tante)  perchè vorrei qualcosa che sia tagliato su misura per me e che mi esprima veramente. Dopo gli anta si inizia a tirare le somme della propria vita; non so voi, ma io l’ho fatto spesso e mi sono resa conto che per buona parte della mia vita ho fatto solo quello che volevano gli altri per me o che in qualche modo cercavo un compromesso fra i miei bisogni e quelli degli altri. Ora più che mai avverto l’esigenza di concretizzare una forma di espressione completa, non tanto per dimostrare agli altri che valgo e ricevere una maggiore considerazione come persona (cosa che tra l’altro avevo già provato più volte in passato)  ma proprio per realizzare quel processo creativo che fa di noi esseri umani delle persone vere e complete. Come si fa? Si mettono le cose sui piatti della bilancia, il positivo ed il negativo e ci si chiede: “sono soddisfatta della mia vita? mi sento realizzata come persona?” . Il fatto che questo avvenga in un momento particolarmente critico per il nostro paese, lavorativamente parlando, rende ovviamente la cosa ancora più difficile da realizzare.

Ed in più di mio ho anche tre handicap che non mi sono per niente di aiuto (oltre la povertà ovviamente), ho superato i 50 anni, quindi non sono più giovanissima e non posso permettermi errori, sono invalida al 60% e quindi non sono in ottima forma e tiro avanti giornalmente con gli antidolorifici  e le pillole per la pressione alta, inoltre non ho una laurea da sfoggiare e quindi non sono dottoressa in niente. Chi me lo fa fare? Sapete quante volte ho dovuto ascoltare persone che mi dicono che è meglio se mi iscrivo di nuovo alla legge 68 aspettando che l’Ufficio di collocamento mi trovi un altro lavoro? Tante, ma io non ne voglio sapere. Finché la legge 68 rimarrà così, mi rifiuto nel modo più assoluto. A me non va di essere assunta dalle aziende perchè sono obbligate a farlo dalla legge (della quale se ne fregano e trovano comunque sempre una scappatoia) e lo fanno unicamente perchè hanno un risparmio sulle spese del 33%. Sarò anche strana…e lo so che la mia onestà e sincerità sul lavoro mi ha sempre danneggiato, ma preferisco passare da fessa piuttosto che essere un peso mal sopportato. Le aziende in Italia, non guardano ai meriti o alle capacità, non lo hanno mai fatto, se non di striscio. Ti tengono solo se sei figlio o nipote di qualcuno che fa parte del consiglio di amministrazione o parente di qualcuno che può fare comodo come conoscenza, tipo sindaco, direttore di banca o ufficiale della Guardia di Finanza. E se le cose non vanno per il verso che mi aspetto? Devono andare. Punto. A mali estremi estremi rimedi, si dice. Beh, in quel caso, mi trasferirò anch’io all’estero come tanti. Solo che questa volta non tornerei idi nuovo in Italia ma prenderei la cittadinanza del paese che mi ospita. Non sono una che si lamenta e basta, mi lamento con ragion veduta e cerco anche di cambiare le cose. Dipende molto dal tipo di consenso che incontrerò, se verrò ostacolata in ogni modo o se troverò persone che la pensano come me e che mi somigliano un pochino ed hanno veramente voglia di dare una svolta a come stanno andando le cose qui. Credo nella gente, credo sia migliore di come venga dipinta. Credo poco nei politici e soprattutto negli sporchi affaristi. La visione precisa di un mondo migliore io l’ho avuta,  anche se ci vorranno mille anni per realizzarla, anche se l’Italia dovrà prima passare attraverso la morte e la desolazione.  Ma non è detto: dipende dalla gente; dal grado di consapevolezza che siamo capaci di raggiungere in così breve tempo. 

Qualcuno(*) una volta mi diceva: Ciò che conta non è quello che se ne va, ma quello che resta. Ma non sempre è vero. Era vero quando avevamo ancora dei punti fissi, ma ora non ce ne sono più. Tutto si muove, niente resta fermo, ogni cosa cambia da un momento all’altro, non si hanno punti di riferimento. Specialmente in Italia in questo periodo, sembra proprio che sia vero il contrario: Ciò che conta è quello che se ne va e non quello che resta. Perché ciò che se ne va è spesso la cosa di maggior valore o di maggior peso. 

Una volta si diceva anche : Si chiude una porta, ma si apre un portone. 

Sono dell’idea anch’io che bisogna puntare di più sull’Europa, bisogna darle forza ma soprattutto bisogna creare delle buone fondamenta. Il caos che viviamo dipende solo dal cambiamento di sistema, si sta instaurando un nuovo tipo di governo ed è un rimestamento continuo di nuove regole, che creano una confusione terribile.

Inoltre il mondo si sta spaccando in 3 importanti blocchi territoriali: le Americhe, l’Europa-Africa-Arabia, l’Asia. Il continente dei canguri, l’Australia ancora non si pronuncia ma sembra evidente che appartiene più al primo blocco che al terzo.

Bisogna poi decidere se rimanere in qualche modo in guerra o tentare di collaborare per il bene comune. Le grandi multinazionali dedite agli armamenti dovranno cambiare l’oggetto dei loro commerci.

(*) Quel qualcuno è rimasto a mani vuote solo poco più tardi di me, che nel frattempo avevo chiuso un capitolo importante della mia vita che mi impediva di crescere come persona.

Lascia un commento